PARTENZA: Dal piazzale di fronte l’Eremo di Camaldoli (
Provincia di Arezzo,Toscana).
Per la carta
escursionistica scala 1:25000 - 20-Foreste Casentinesi, si ringrazia l’Istituto Geografico Adriatico di Longiano info@iga-cartografia.it - tel. 0547.613109
ITINERARIO: Eremo di
Camaldoli q.1096 (Dal piazzale dell’eremo saliamo a sinistra a fianco
delle mura, versante ovest. Dopo pochi metri inizia a sinistra il CAI 68, noi
invece proseguiamo lungo le mura fino al punto più alto quando le lasciamo per CAI
70 che sale nel bosco) – Gioghetto q.1239 ( Incrocio. A
destra e sinistra CAI 00 di crinale,dritto in discesa e chiuso da sbarra CAI
229. Noi a sinistra per CAI 00)
- Bivio q.1330 (A
sinistra CAI 68 che scende riportando all’Eremo,noi dritto per CAI 00) - Prato al Soglio q.1344 (Radura) - Bivio
q.1373 (A sinistra CAI 76 che scende verso Battilocchio,noi dritto per CAI
00. Siamo in prossimità di Giogo Seccheta )
- La Scossa q.1331 (Incrocio: a destra largo sentiero non segnato,a sinistra in discesa sentiero
non segnato e piccolo bivacco nascosto tra gli alberi,noi dritto ora in ripida
salita per CAI 00) - Passo
Porcareccio q.1453(Bivio: a sinistra CAI 78 per l’Aia di Dorino,noi dritto
per CAI 00) - Maestà q.1488 (Appena sotto la vetta
di Poggio Scali. Ora saliamo a destra sulla vetta ) -
Poggio Scali q.1520 (Cartello sulla vetta. Senza tornare alla
maestà scendiamo agevolmente tra gli alberi direzione sud riportandoci sul CAI
00 e ritorniamo al passo Porcareccio)
- Passo Porcareccio q.1453 (Cartelli e bivio. Lasciamo il CAI 00 e scendiamo a destra inoltrandoci nel
bosco con il CAI 78) - Bivio q.1303 ( Innesto sulla
forestale e bivio. Il CAI 78 prosegue dritto, noi andiamo a sinistra ) -
Ponte q.1132 (Grande ponte che attraversa il fosso Pian del
Varco. Bivio dalla parte opposta: dritto largo sentiero per Poggio Segaticcio,
noi per forestale a sinistra in salita )
- Capanna Maremmana q.1146
(A pochi minuti dal Ponte q.1132 . Capanna fatiscente in mezzo al bosco) - Pian
del Varco q.1220 (Radura con tavoli pic-nic e innesto sul CAI 76 : a
sinistra in salita CAI 76 riporta sul CAI 00
q.1373 a Giogo Seccheta,noi dritto in discesa ) -
Battilocchio q.1205(Piccola casetta sempre chiusa e innesto sulla strada asfaltata,andiamo
a sinistra) - Bivio q.1070 (Per asfaltata a sinistra) - Eremo di Camaldoli q.1096
DISLIVELLO TOTALE :
680 m
QUOTA MASSIMA :
1520 m
LUNGHEZZA :
15 km
DIFFICOLTA: EEAI
DIFFICOLTA: EEAI
TEMPI RILEVATI:
|
Tempo
Totale
(ore)
|
Eremo di Camaldoli
|
0,00
|
Gioghetto
|
0,21
|
Bivio
q.1330
|
0,41
|
Prato al Soglio
|
0,53
|
Bivio q.1373
|
1,00
|
La Scossa
|
1,12
|
Passo Porcareccio
|
1,33
|
Maestà q.1488
|
1,50
|
Poggio Scali
|
1,52
|
Passo Porcareccio
|
2,05
|
Bivio q.1303
|
2,27
|
Ponte q.1132
|
3,06
|
Capanna
Maremmana
|
\
|
Pian
del Varco
|
3,29
|
Battilocchio
|
3,32
|
Bivio q.1070
|
4,00
|
Eremo
di Camaldoli
|
4,05
|
NOTE:
|
|
Sentieri |
-Tutto l’itinerario è ben segnato con
cartelli CAI.
- Neve da 0 a 50 cm e piste ben battute.
- Un tratto di forestale dal bivio q.1303 a
Capanna Maremmana è stato fatto senza ciaspole causa poca neve.
- D’obbligo circa 2,8 km di asfaltata per
tornare all’Eremo di Camaldoli
|
Fonti
|
-
Fonte all’Eremo di Camaldoli.
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L'Eremo di Camaldoli, fondato da
San Romualdo nei primi anni del XI secolo, è la casa madre della Congregazione
benedettina dei camaldolesi. Si trova nell'omonima località di Camaldoli. A
monte dell'omonimo monastero, una strada tra i foltissimi boschi conduce al
suggestivo eremo di Camaldoli (1104), primo nucleo dell'insediamento monastico
iniziato da San Romualdo. Alle originarie celle degli eremiti si aggiunse col
tempo la chiesa mantenendo la semplice, essenziale distribuzione di piccole
case isolate, spartite da vialetti rettilinei. L'attuale chiesa è un
rifacimento settecentesco e dà accesso a alcuni ambienti, tra cui il Capitolo
dal bel soffitto ligneo e la cappella della Madonna del Rosario in cui fu
sepolto Giullaume de Marcillat, artista che ha lasciato stupende vetrate in
tutto l'aretino. San Romualdo aveva fondato, durante la sua vita, molte
comunità eremitiche. Giunse fra il Pratomagno e il Monte Falterona in mezzo
alle foreste Casentinesi e decise di fondare un eremo in una radura detta Campo
di Maldolo (Campus Maldoli). Romualdo, venerato come santo dalla Chiesa
cattolica, nacque a Ravenna tra il 951 e il 953. La movimentata agiografia di
questo personaggio è stata raccontata da Pier Damiani, che scrisse una Vita di
san Romualdo circa 15 anni dopo la sua morte (1042).
Intorno all'anno mille, esplorando le zone più selvagge della dorsale appenninica centrale tra Umbria e Marche, il monaco ravennate Romualdo dette vita ad un movimento che si inserisce nel tentativo di riforma dell'istituto monastico. Oltre che fondatore dell'eremo di Camaldoli nel Casentino (Toscana), fu promotore della Congregazione camaldolese, diramazione riformata dell'Ordine benedettino. Romualdo cercò la solitudine per praticare la sua devozione verso Dio. Incoraggiato dal vescovo di Arezzo Tedaldo, sotto la cui giurisdizione si trovava quella località, vi eresse 5 celle e una chiesetta che furono il primo nucleo dell'eremo.
Oggi l'eremo di Camaldoli è uno dei due polmoni con cui respira la comunità monastica ivi presente: a poca distanza l'uno dall'altro sorgono infatti il monastero e l'eremo, i cui monaci appartengono alla stessa comunità, vivono la stessa regola, hanno lo stesso abate, ma seguono stili di vita in parte diversi, dando maggior spazio alla vita comunitaria presso il monastero e privilegiando il raccoglimento personale presso l'eremo. I monaci che vivono all'eremo sono attualmente dieci.
Vita monastica quotidiana
La vita quotidiana a Camaldoli si svolge secondo modalità e ritmi che rispecchiano la scala delle priorità a cui la comunità fa riferimento. Semplicità di stile e informalità nei rapporti reciproci esprimono l'obbedienza alla ferialità degli impegni comuni ad ogni persona. La discrezione di tale stile - come afferma San Benedetto - non scoraggia i deboli e stimola coloro che possono fare di più. La fede, la speranza e la carità condivise nella fraternità conferiscono al vivere quotidiano il suo respiro trascendente. Lo arricchiscono di una dimensione simbolica semplice e liberante. La celebrazione comunitaria della Liturgia delle ore e dell'eucaristia, nutrite dalla Lectio Divina personale, sono collocate nei momenti strategici della giornata. Costituiscono una precisa struttura di riferimento al ritmo di vita della comunità e di ogni monaco e indicano con quale spirito va vissuta la trama quotidiana di preghiera, lavoro, riposo, servizi e relazioni.
Le attività lavorative svolte dai monaci provvedono alle normali necessità di una comunità abbastanza numerosa, composta da anziani e da giovani con le rispettive esigenze di assistenza e di formazione umana, spirituale e teologica. Durante le attività scolastiche i professi in formazione risiedono nel monastero di San Gregorio al Celio a Roma. In quel contesto si coniugano la normale vita comunitaria e gli impegni accademici, avvalendosi delle opportunità offerte dall'Ateneo Sant'Anselmo gestito dai monaci benedettini e da altre facoltà filosofiche e teologiche. La comunità condivide le proprie risorse economiche con quelle di recente fondazione in India e Brasile, e finalizza una quota annuale del bilancio comunitario a sostegno di progetti promozionali a favore dei poveri
Uno stile di vita sobria, pur vissuto dentro strutture storiche, cerca di far propria la saggezza, piena di umanità e di semplicità evangelica, che è insita nel programma benedettino dell'Ora et Labora (preghiera e lavoro). Eremo e monastero, pur nella condivisione delle risorse, hanno ritmi ed equilibri propri, in armonia con le priorità che ciascun ambiente di vita offre ai monaci e agli ospiti, secondo lo spirito di Camaldoli. L'assistenza ai fratelli anziani è divenuto in questi anni un aspetto evangelicamente significativo della vita comunitaria. Un fratello medico garantisce la professionalità delle prestazioni sanitarie svolte nell'infermeria. Consentire agli anziani di vivere nel clima dei rapporti comunitari consolidati, da loro serenità e sostegno spirituale. Contribuisce a conferire alla comunità quel carattere di normalità umana anche nell'accettazione della malattia e dell'invecchiamento che a tante famiglie non è più permesso dall'attuale assetto sociale.
Intorno all'anno mille, esplorando le zone più selvagge della dorsale appenninica centrale tra Umbria e Marche, il monaco ravennate Romualdo dette vita ad un movimento che si inserisce nel tentativo di riforma dell'istituto monastico. Oltre che fondatore dell'eremo di Camaldoli nel Casentino (Toscana), fu promotore della Congregazione camaldolese, diramazione riformata dell'Ordine benedettino. Romualdo cercò la solitudine per praticare la sua devozione verso Dio. Incoraggiato dal vescovo di Arezzo Tedaldo, sotto la cui giurisdizione si trovava quella località, vi eresse 5 celle e una chiesetta che furono il primo nucleo dell'eremo.
Oggi l'eremo di Camaldoli è uno dei due polmoni con cui respira la comunità monastica ivi presente: a poca distanza l'uno dall'altro sorgono infatti il monastero e l'eremo, i cui monaci appartengono alla stessa comunità, vivono la stessa regola, hanno lo stesso abate, ma seguono stili di vita in parte diversi, dando maggior spazio alla vita comunitaria presso il monastero e privilegiando il raccoglimento personale presso l'eremo. I monaci che vivono all'eremo sono attualmente dieci.
Vita monastica quotidiana
La vita quotidiana a Camaldoli si svolge secondo modalità e ritmi che rispecchiano la scala delle priorità a cui la comunità fa riferimento. Semplicità di stile e informalità nei rapporti reciproci esprimono l'obbedienza alla ferialità degli impegni comuni ad ogni persona. La discrezione di tale stile - come afferma San Benedetto - non scoraggia i deboli e stimola coloro che possono fare di più. La fede, la speranza e la carità condivise nella fraternità conferiscono al vivere quotidiano il suo respiro trascendente. Lo arricchiscono di una dimensione simbolica semplice e liberante. La celebrazione comunitaria della Liturgia delle ore e dell'eucaristia, nutrite dalla Lectio Divina personale, sono collocate nei momenti strategici della giornata. Costituiscono una precisa struttura di riferimento al ritmo di vita della comunità e di ogni monaco e indicano con quale spirito va vissuta la trama quotidiana di preghiera, lavoro, riposo, servizi e relazioni.
Le attività lavorative svolte dai monaci provvedono alle normali necessità di una comunità abbastanza numerosa, composta da anziani e da giovani con le rispettive esigenze di assistenza e di formazione umana, spirituale e teologica. Durante le attività scolastiche i professi in formazione risiedono nel monastero di San Gregorio al Celio a Roma. In quel contesto si coniugano la normale vita comunitaria e gli impegni accademici, avvalendosi delle opportunità offerte dall'Ateneo Sant'Anselmo gestito dai monaci benedettini e da altre facoltà filosofiche e teologiche. La comunità condivide le proprie risorse economiche con quelle di recente fondazione in India e Brasile, e finalizza una quota annuale del bilancio comunitario a sostegno di progetti promozionali a favore dei poveri
Uno stile di vita sobria, pur vissuto dentro strutture storiche, cerca di far propria la saggezza, piena di umanità e di semplicità evangelica, che è insita nel programma benedettino dell'Ora et Labora (preghiera e lavoro). Eremo e monastero, pur nella condivisione delle risorse, hanno ritmi ed equilibri propri, in armonia con le priorità che ciascun ambiente di vita offre ai monaci e agli ospiti, secondo lo spirito di Camaldoli. L'assistenza ai fratelli anziani è divenuto in questi anni un aspetto evangelicamente significativo della vita comunitaria. Un fratello medico garantisce la professionalità delle prestazioni sanitarie svolte nell'infermeria. Consentire agli anziani di vivere nel clima dei rapporti comunitari consolidati, da loro serenità e sostegno spirituale. Contribuisce a conferire alla comunità quel carattere di normalità umana anche nell'accettazione della malattia e dell'invecchiamento che a tante famiglie non è più permesso dall'attuale assetto sociale.
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